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Pirate perfection dlc unlocker plus trainer
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Solo che il pensiero di allattarla mi metteva di cattivo umore: immaginavo l’impossibilità di fare altro per essere sempre a sua disposizione, l’imbarazzo di tirare fuori il seno in pubblico, il possibile dolore ai capezzoli. Io non avevo nessuna intenzione di sentirmi dare del mostro, anche perché mia figlia la desideravo con tutta me stessa. Non parliamo di mia madre: se avesse saputo le mie intenzioni, mi avrebbe accusata di essere la solita pigra incapace di sacrificarsi per il prossimo. Nonostante quei mesi di clausura e di poppate continue, è rimasta una sostenitrice del latte naturale. Ma non mi sono confidata nemmeno con lei, perché sapevo che avrebbe cercato di convincermi ad allattare. Mia sorella non ci credeva, ricordava bene il mio choc nell’assistere alla sua esperienza. Se mi chiedevano: «Allatterai?», mentivo. Certo, tutti sottolineavano che il latte materno è più nutriente e completo, ma io mi sono detta: se quello in polvere ha consentito a tante mamme di far crescere sani i loro bambini, perché devo farmi problemi proprio io? In quei mesi non ho parlato con nessuno della mia decisione. Né mi sembrava sbagliato provare a controllare le giornate di mia figlia con il latte artificiale: ho passato la gravidanza a leggere informazioni sul prodotto e ho scoperto che ha il grande vantaggio di saziare di più i bambini rispetto a quello materno, facendoli poppare di meno e dormire più a lungo. Ma non mi sentivo una degenerata per il mio desiderio di tutelare le mie forme. Il mio unico desiderio era la pastiglia che fa sparire la montata una volta per tutte. Non avevo nessuna intenzione di rovinarlo, quindi la soluzione non poteva nemmeno essere il tiralatte. Taglia terza, sodo, con dei bei capezzoli piccini. Anche perché, diciamocelo, ho sempre avuto un bellissimo seno.

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Non volevo avere il latte, punto e basta. Ma di una cosa ero certa: non volevo scoprirlo. Magari mia figlia non avrebbe avuto quei ritmi, avrebbe mangiato ogni tre-quattro ore e nel resto del tempo avrebbe dormito. Io non volevo correre il rischio di sentirmi prigioniera della mia bambina. Una situazione esasperante, che dopo un po’ le ha portate a chiudersi in casa. Ho visto mia cugina e mia sorella organizzare poppate d’emergenza ogni venti minuti, in qualsiasi luogo. Eppure non volevo attaccarla al seno: non mi andava l’idea di essere un “distributore” viaggiante. No, io non avevo niente da fare se non stare dietro a mia figlia Angelica. Non avevo nessuna esigenza particolare: non ero come la mia amica Anita, medico, che ha evitato di allattare perché doveva studiare per l’esame di specialità. All’epoca avevo 30 anni e un contratto a tempo indeterminato in azienda, perciò dall’ottavo mese sono rimasta a casa in maternità. E non l’ho più detto a nessuno, nemmeno al mio ragazzo. Le sue parole mi hanno talmente ferita che non ho ribattuto.

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L’ostetrica mi ha subito accusato di superficialità ed egoismo: pensavo alle mie tette e non al bene di mia figlia. E soprattutto non me lo voglio rovinare, il seno, ci tengo molto».

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Non voglio tirare fuori il seno in pubblico, mi imbarazza. Poco dopo ho scoperto che avrei fatto meglio a tacere: «Non voglio essere costretta ad allattare ogni mezz’ora, come spesso succede con i neonati. Io ho snocciolato le mie motivazioni senza censure o riserve, ero ancora convinta di averne diritto. L’ostetrica ha subito provato a farmi cambiare idea: «Davvero non vuole allattare, Viola? Guardi che sarà bellissimo, un momento intimo, unico. Non ne avevo ancora parlato né con la mia ginecologa né con il mio compagno, e in quel contesto estraneo mi sentivo più a mio agio. Volevo tranquillizzarmi, sentire il parere di una professionista, essere rassicurata. Non so bene perché l’ho detto proprio a lei, forse perché sapevo che la mia scelta avrebbe potuto espormi a critiche. Le ho comunicato che non avrei allattato mia figlia. Sono rimasta in disparte, ho assistito alla lezione e poi mi sono avvicinata all’ostetrica per farle una confidenza. Un po’ in anticipo, in effetti: avevo accompagnato un’amica, già arrivata al settimo. Quando ho messo piede al mio primo corso pre-parto ero al quarto mese di gravidanza. Non ero però preparata alle critiche feroci degli altri Ne ero sicura, e non per questo mi sentivo egoista. Attaccare mia figlia al seno sarebbe stato forzare la mia natura.








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